I LUOGHI DEL PERCORSO

1. Bosco degli alberi che raccontano

Dal sentiero, guardando in su, vediamo che nel fianco della montagna si sono aperte delle tasche che raccolgono i materiali del bosco. Una “piscina” piena di pigne, una di sassi, una di rami. Qui il sottobosco è più pulito, vorrebbe essere un foglio bianco su cui fare un disegno. I rami tagliati, sui tronchi, sembrano occhi o dita. Raccontami! Fammi! Cosa ti sembro? Un cavallo, una torre, un vecchio saggio e barbuto. Fai una piccola tasca: muschi e licheni preziosi vi troveranno rifugio.

È il luogo della magia. Ispirati dai colori, dai profumi, dalle forme degli alberi, potrete usare il materiale messo a disposizione nelle tasche del bosco per creare gli abitatori della foresta nati dalla vostra fantasia. Potrete anche raccontare la loro storia scrivendola su un foglio e imbucandolo nella cassetta.

2. Bomba nel bosco

Uno scoppio, la paura, tutto improvvisamente diverso: se il rumore non fosse stato troppo forte le avremmo sentite urlare le creature del bosco. Oggi qui c’è una grande buca. La natura è tornata a abitarci, poco a poco, col suo meticoloso disordine. E noi, com’è giusto, seduti al limitare, guardiamo dentro, dove c’è l’aria al posto della terra. Pensiamo alla fatica che farebbe un uomo a scavare una buca grande così. Ogni giorno un po’ di quella terra che è stata sbalzata via o per dilavamento, o sotto gli zoccoli di qualche animale o le suole di un uomo, torna nella buca, al suo vecchio posto. Si ricolloca dove l’universo aveva da sempre deciso che fosse. E noi, dai nostri sedili di legno tutt’attorno, possiamo continuare a guardare pur sapendo che non basterà la nostra vita a far tornare tutto com’era prima.

È il luogo della riflessione, dove potrete sostare. Le parole scritte sulla pagina bianca saranno una traccia per i vostri pensieri.

3. Radici

Mani nodose formate dal lavoro di ancorare gli alberi alla terra. Improvvisamente libere dal peso del tronco, dei rami, delle foglie, dei succhi vitali di linfa che a loro discendevano, che da loro risalivano. Così, alleggerite, asciutte, sole, sono venute a galla sulla pelle terrosa del sottobosco.
La loro vetustà ormai inutile si fa nuda e, a sorpresa, perfino bella. Spogliate dal muschio, dalla corteccia e dall’intimità che le avvolgeva, si espongono per la prima volta agli sguardi, al gelo, alle acque dilavanti delle tempeste e all’abrasione dei passi, accettando che esistere significa trasformarsi, consumarsi, lentamente svanire.

È il luogo dei ricordi. Spogliati dalla fretta e dalle inquietudini, ritrovate le vostre radici, il legame con le vostre origini.

4. Alberi gemelli

Diversi, ma fratelli. Partiti insieme, lavorano una vita a conquistarsi direzioni diverse. Ma mentre per gli altri il cielo è tutt’intorno, per ciascuno di questi alberi gemelli un terzo di cielo deve bastare. Così come nel suolo, dove le loro radici si incontrano e confondono in un corpo inestricabile. Guardandoli, si capisce molto della vita: non sono meno belli, nè meno vari, nè meno frondosi, nè meno verdi di tutti gli altri. Certamente sono meno soli, e dove sembrava ci fosse posto solo per uno, ci stanno in tre. Si lasciano toccare dalla presenza degli altri e, nello stesso tempo, aggiustano la loro forma per occupare lo spazio che c’è.  Anche noi possiamo scegliere, come loro, di lasciarci completare  dall’inevitabile esserci del resto del mondo.

È il luogo del contatto, dell’essere nel mondo.

5. Albero cento braccia

E' molto strano questo albero: è un albero policormico, i cui rami sono in realtà dei fusti.
Lo si vede, che è diverso dagli altri.
È diverso, unico, incuriosente.
È il suo aspetto che lo rivela come diverso, per quei suoi rami curvati all’insù come le braccia di un candelabro. Rami possenti, che trasmettono forza. Rami a cui ci si può aggrappare. Rami a cui ci si può appendere senza paura di cadere. Rami poderosi, in grado di sostenere grandi pesi: braccia robuste a cui ci si può affidare.
Braccia da cui ci si può dondolare.
Con le mani aggrappate alla corda.
Con la testa piegata all’indietro per guardare in su.
Con la mente vuota da preoccupazioni.
Con la voglia di abbandonarsi nelle sue cento braccia accoglienti con la gioia e la spensieratezza dei bambini.

È il luogo dell’accoglienza, dove sarete accolti e cullati da molte braccia.

6. Belvedere

Una panca, un panorama: sembrerebbe un belvedere. Invece, unico al mondo, questo posto è un “bel-guardare”. Se lo chiamo belvedere sembra quasi che, a sedersi, uno apra gli occhi e sia inondato di bellezza così, senza far nulla. Un bel-guardare, invece, richiede un po’ più impegno, ed una decisione: di cercare quel ch’è bello. Così, a sedersi qui, non solo si può godere dello spettacolo maestoso della natura, ma ci si allena a quella che è forse l’arte più difficile e utile della vita: portarsi negli occhi la volontà di trovare il bello nella vastità del mondo.

È il luogo dello sguardo, che si perde lontano.

7. Labirinto

C’è stato un tempo in cui gli uomini arrivavano ai confini del mondo conosciuto e, varcandoli apposta, accettavano che il loro andare non avesse altra méta se non, per l’appunto, l’andare stesso. Abituati come siamo a mal tollerare il tempo del viaggio, che è percepito come un ostacolo posto tra noi e l’essere altrove, abbiamo bisogno di riscoprire l’avventura dell’andare senza sapere dove. Costretti nel presente dall’assenza di una méta, nel labirinto impariamo che il “come” andare può essere a volte più importante del “dove”. Apriamo i sensi ai segni che sono sempre attorno a noi e ai rumori del fuori. L’essere persi diventa un luogo. La via sicura ci aspetta a ciascun capo delle corde che segnano questo tratto di bosco – sapendo che sono lì, alleniamoci a sopportare di non riconoscere, così  che, come in una prima volta, gli occhi ritrovino la fame di guardare e di guidarci alla scoperta.

È il luogo del mettersi alla prova, del rischiare di perdere la strada nel bosco.

8. Cerchio magico

Pensando fosse utile avere occasioni di incontro, conoscenza e scambio con altri, sia per noi genitori che per i nostri figli e le nostre figlie, abbiamo costituito un’associazione dove questo fosse possibile.
È nato così il Cerchio Magico.
La nostra associazione ha carattere di mutualità, nel rispetto del principio che ognuno di noi è portatore di bisogni e di risorse, e che dallo scambio di questi può nascere un arricchimento reciproco. Uno scambio di cura, di tempo, di pensieri e di attenzioni.
È un cerchio, una moderna tavola rotonda di Re Artù, dove tutti sono considerati dei pari, dove tutti hanno la stessa dignità.
È aperto al possibile delle idee da realizzare, delle persone da conoscere, dei progetti da portare avanti assieme.
È magico, per la magia dell’incontro tra due esseri umani, che promuove la trasformazione di entrambi e diventa un atto d’amore.

È il luogo dell’incontro e del dono, dove potrete lasciar appeso qualcosa di voi.

9. Vaschete

Da bambini si incornicia il mondo tra gli indici e i pollici, a formare un rettangolo fatto di dita che inquadra una fetta di realtà. Da adulti forse, qualche volta, si crede di catturare l’attimo con le tecnologie inventate per un mondo che va di fretta. Ma senza tempo è la sorpresa di vedere scorrere le nuvole su un rettangolo di terra, come un film che risuccede, all’inverso, sopra la nostra testa. Sul fondo di una vaschetta la natura inscena il suo spettacolo sempre diverso, e ci impone di guardarla con tutta l’attenzione della prima volta. E’ così che, affacciandosi, ci ritroviamo tra due fiumi di cielo, immersi nell’aria che ci fa leggeri, i pensieri liberi e gli occhi pieni di blu. (Da un’idea di Giuliano Orsingher)

È il luogo del mondo incorniciato, del blù racchiuso nella terra.

10. Albero protagonista

Sotto il grande peso di una miriade di piccole pietre, non c’è modo per altri alberi di crescere vicino a questo. Con una tale gonna di sassi, non si può non vedere questo albero come tanti. Forse un po’ più prominente, forse un po’ più solo. Sul declivio da decenni, gode del saltuario passaggio di qualche forma di vita. Chissà quanti pensieri si sono dipanati al riparo delle sue fronde. Da piccoli lo sapevamo: ogni sasso è un mondo, una forma, una favola, un sogno. E adesso proviamo all’inverso: che ogni pensiero si faccia sasso. Raccogliamolo perchè il suo corpo duro e ruvido tenga impegnate le mani mentre la testa vaga. Poi, alla fine del cammino, lasciamolo qui, ai piedi del grande albero, come un fermacarte sotto il quale il nostro pensiero resta – come un segno che siamo stati qui, e non dimenticheremo.
Ogni sasso, un ricordo. Ogni ricordo, una persona. Ogni persona, un mondo.

È il luogo del tempo, dove il vostro passaggio lascerà un segno.

11. Il larice di Merisana

Tanto tanto tempo fa, tra le Selvadeghe, donne belle e forti che abitano nei boschi e nei prati alti di montagna, nacque una bambina.
Le fu madrina la Luce del Meriggio, che quando la vide le fece dono del sorriso: “Sorridi, cosina, sorridi! Lo vedi come tutti sono felici quando ti guardano?”
Merisana crebbe sorridendo, anche quando la luce del meriggio lasciava il posto al buio del bosco e della notte. Crebbe bellissima: alta e flessibile come un salicone, vestiva un velo verde e morbido che l’avvolgeva.
In un mattino di primavera un re cacciatore andò a caccia nel bosco. Era adirato e furente  perché aveva fallito il suo bersaglio. Ma quando la vide muoversi nel prato schiudendo i fiori col suo sorriso, si sentì improvvisamene rapito e gioioso.
Pensò che non avrebbe più potuto farne a meno, di quel sorriso, e le chiese di sposarlo e farlo felice per sempre.
“E chi rallegrerà i miei fiori?” rispose Merisana, “Accetterò solamente se nel giorno delle mie nozze tutte le creature del bosco saranno felici”.
E così fu, ma quando venne l’ora delle nozze Merisana vide un albero nudo, solo e scheletrito: era un larice.
“Ti hanno dimenicato!” disse Merisana “Eccoti il mio velo, e la felicità per te e per tutti quelli che ti guarderanno”. Così dicendo si tolse il velo e lo gettò sui rami scarni, ricoprendoli di luce verdolina.
E ancora adesso, se volete essere felici e provare l’incanto della bella fanciulla del Meriggio, dovete sdraiarvi sotto un larice nel mese di maggio, e guardare il cielo.

È il luogo dei desideri, dove la fanciulla del meriggio vi racconterà l’incanto del mese di maggio.

12. Bomba nel prato

Un tondo nel prato, quasi perfetto, come in natura si vede solo  – brevemente - nell’acqua, quando una pietra vi cade. Chiediamo ad un bambino cosa può averlo fatto, o cosa sia: lo spioncino del portone della casa di un gigante, che vive giusto lì sotto; la narice di un nasone enorme su cui stiamo camminando; la buca lasciata da un animale grossissimo che ci ha dormito a pancia in giù; un laghetto che si è prosciugato perchè i cerbiatti assetati se lo sono bevuto tutto, avendo scoperto che sapeva di coca-cola. Giochiamo con la sua forma e con la sua corona di fiori, lasciando che, pian piano, questa buca di bomba venga bonificata e colorata da ondate floride  di fantasia.

È il luogo della speranza e del possibile, della bellezza che succede al dolore.

13. Costellazioni

È il luogo dell’infinito, delle nostre storie raccontate al cielo.